Buongiorno cari lettori,
oggi voglio proporvi un romanzo la cui trama ha da subito attirato la mia attenzione.
Parlo di ’IL PIANTO DI VA-RIL’ di Paolo Battaglia un fantasy molto poetico che sono sicura catturerà la vostra attenzione.
Genere
Fantasy, Poesia, Dramma
Trama
È da pochi secoli che la razza umana abita la Terra.
La Scelta, genitrice di ogni cosa vivente, fin da quando creò l’uomo gli concesse una naturale immortalità. Ciononostante, la madre del piccolo Va-Ril muore poco dopo averlo messo al mondo. L’orfano, monito di morte, cresce tra il timore e la paura popolare nei suoi confronti, finché non incontra la bella e coraggiosa Za-Ròl sul suo cammino.I due costruiscono famiglia sopravvivendo a tutto il rancore e il timore che il popolo della loro isola prova nei confronti dello strano Va-Ril.Orn, la Donna-Albero che nutre tutte le genti del mondo (che fa da tramite tra gli uomini e la Scelta) comincia a temere per il destino di quel suo popolo, perché un male senza nome cresce nel Creato.Va-Ril, brandito da un senso di gratitudine assoluto, sceglie di aiutarla, ma non sa ancora quanto gli costerà questa decisione…
Se il romanzo vi ha incuriositi, sul sito dell’autore potete trovare i primi tre capitoli del romanzo totalmente gratuiti : www.paolobattagliascrittura.com
Ma prima di lasciarvi, voglio regalarvi tre estratti del romanzo affinché possiate toccare con mano la scrittura dell’autore.
Estratto 1:
Monologo di Orn a Va-Ril:
«Ogni uomo di questa generazione può scegliere e nessuno prenderà le tue decisioni per te, Va-Ril,
nemmeno io o la Scelta, che tutto sa vedere nel tempo.
Siamo tutti nati liberi e incerti, in questo mondo, e questa libertà è l’unico vero segreto della gioia.
Quale cammino è giusto, se non viene deciso da sé?
Infatti, solo ciò che ci corrisponde è giusto,
mentre ciò a cui non siamo ancora pronti non può, pienamente e gioiosamente, appartenerci.
…il pulcino sceglie da sé quando volare da solo…
…il seme germoglia al suo volere, non guidato dall’acqua…
Ad ogni cosa buona, occorre il suo tempo per essere.
Capisco più di ogni altro l’inquietudine che ti doma,
e so che il tempo non può essere tuo alleato,
così come non lo sono le mie parole, che ti dono,
ma non si strugga il tuo cuore nel dover decidere.
Sappi che l’incertezza sta negli animi impreparati
e che, finché vive, ha nelle ore le sue alleate.
Ti voglio dire questo, per farti meglio comprendere:
l’inquietudine dentro non dura per sempre
perché trova ogni volta, alla fine, la sua soluzione.
Ecco, che questa fede nell’avvenire ti prenda,
così che la speranza, proprio ora, nel buio,
possa con costanza e coraggio brillare.
Verrà il tempo del timore dei giorni venturi,
quando l’uomo vedrà nella vecchiaia la sua nemica,
ma oggi ancora brilla l’eternità sul tuo corpo.
Per questo ti dico: non aver timore del domani,
ma fa’ crescere oggi in te la speranza,
perché la Scelta ti ama, Va-Ril, e ti amo anch’io.»
Estratto 2:
Dialogo tra Orn a Ysse:
Ysse era felicissimo di quella promessa, ma un’ombra di sospetto gli corse lungo il filo su cui stava stendendo quelle visioni fantastiche:
«Madre, grande di generosità, che premi gli indegni, come potrò restare su questa terra, se la conquisteranno? Mi stai forse dicendo che vivrai e la difenderai, qui con noi?»
Ma quella rispose con un prolungato silenzio. Il soffio leggero dell’altezza carezzò i capelli di Ysse, padre infecondo, che un giorno avrebbe avuto enorme discendenza. Poi l’Albero trovò la forza di rispondere:
«Non conosco il futuro, ma vedo solo nebbia per me…
Se i miei eredi di altre terre vinceranno, mi abbatteranno,
distruggendo per sempre ogni cosa qui, su questa terra…
Tu dovrai ridare vita al deserto di lacrime e gelo e dolore,
che resterà dopo la grande distruzione che giungerà.
Dovrai far germogliare di nuovo la speranza dove morirà.
Ecco, ti dico che se tutto ciò che credo si avvererà
l’umanità presto si troverà a combattere mali peggiori
e servirà la speranza che tu qui coltiverai nel segreto.
Io stessa, abbattuta, darò i miei ultimi aneliti alla terra,
per soffiarle dentro ancora un po’ d’immortalità, in modo che tu abbia il tempo di vivere abbastanza…
Dunque, ti dissi già più del dovuto e non dovrei, ma dimmi, Ysse, padre del tuo germoglio, sceglierai?
Prenderai questa via feconda e difficile o riposerai?
Sappi che non vi è obbligo: anche oltre a questa terra,
in ogni caso, qualsiasi cosa tu scelga ora, tu starai con me, alla luce radiosa della Scelta.»
Ysse aveva già deciso. Sarebbe stato padre, avrebbe ospitato altra vita nella propria casa. Accettò, pur non sapendo appieno cosa lo aspettasse. Il suo cuore era gonfio di gioia e la Driade, nel donarla, la riviveva sempre in Sé, nonostante quelle due ombre, una manifesta e l’altra sotterranea, che La tormentavano.
Così Ysse accettò quella via con tutto l’entusiasmo che aveva ancora e, brillando di felicità, si fiondò a casa a dirlo alla compagna. I due, persone semplici, umili e buone, avrebbero ospitato enorme discendenza.
Così si addormentarono felici, in parte dimenticando che all’alba Va-Ril sarebbe stato pubblicamente condannato.
Estratto 3:
Dialogo tra Va-Ril e Za-Ròl:
Va-Ril, rientrato tra le fila amiche, corse subito da Za-Ròl e fu ben felice di sapere
che la ferita subita non era poi così grave. Era già stata medicata e fasciata a dovere e la compagna camminava con qualche fitta all’addome, ma stava bene. Quando lo vide, gli disse:
«Gli uomini mi han detto dei tuoi fendenti, Va-Ril,
divenuti feroci e incredibili nel vedermi ferita…
Quanto mi devi amare per infiammarti tanto nel cuore!
Sono grata, grata oltre ogni idea e descrizione, alla Scelta e ad Orn, che mi han permesso di amarti
e di affiancarti in questi giorni di guerra e di conflitti.
Qualunque sia l’esito di questa malvagia guerra, il tuo onore e il mio amore per te non cadranno,
perché sono radicati oltre la vittoria o la sconfitta.
…ma lacrime attraversarono le tue guance,
perché vedo righe rosa sul tuo viso di sangue, e tanto vorrei consolarti: dimmi, perché piangi?»
E gli posò una mano sul volto insanguinato, facendo sentire tutta la dolcezza del calore che aveva per lui. L’orfano le rispose:
«Non un guerriero puro, né dolce, né retto io sono,
se non so dominare i miei sentimenti nella battaglia,
lasciandomi invece alla più feroce furia, se provocato.
Ecco, per secoli questi uomini mi videro come morte,
come colui che portava il tramonto sulla vita degli altri,
e infine lo sono diventato davvero: sono mortifero.
Per questo piango, perché le cattive dicerie delle genti
alla fine si sono rivelate corrette e giuste su di me,
che combatto per distruggere e non per difendere…»
E lei, capendo ciò che provava quel fragile e profondissimo compagno, lo giustificò, quietando il male che lui sentiva dentro:
«La battaglia ci rende tutti più macabri e malvagi,
perché tutti diventiamo seminatori di morte e strage,
allo stesso livello, diversi solo per il coraggio degli atti.
Dunque non incolparti per un momento di buio,
perché non la distruzione per il nemico ti animò,
ma l’amore e l’affetto per me, nel vedermi colpita.
Non permettere a questi dubbi di cavalcarti il cuore,
ma abita la speranza: la prima vittoria fu nostra!
Vieni con me e gli altri e festeggiamo l’oggi.»
Lo prese per mano e lo portò al centro della muraglia interna, dove gli uomini (eccetto gli addetti alle catapulte, che restarono a guardia della notte, controllando i nemici) si erano radunati insieme per brindare a quella vittoria. Bevvero e mangiarono i Frutti dell’Albero, cantando e inneggiando a Va-Ril il Guerriero, che si era battuto portando la vittoria quel giorno.
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Un abbraccio e al prossimo post,
Sara
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